E' andato lui direttamente, in prima persona: perchè quello di presentarsi sotto-casa, con Gesù di Nazareth, è diventato il tratto tipico del Dio cristiano.
L'ha fatto perchè lui, alla fine della fiera, dovrà rendere conto a DIO che, in materia di pace, ha le idee molto chiare e ben distinte: «Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).
E l'operatore di pace non è uno che rifiuta di fare guerra: è colui che entra in guerra per fare guerra alla guerra.
Mai un Papa aveva compiuto un gesto così ad altissima tensione: una sorta di incursione, in piena regola, a casa dell'aggressore.
Si è presentato letteralmente disarmato, a bordo della sua 500 e non blindato in un carro armato nel quale si nasconde chi ha paura.
È entrato zoppicando, preoccupato, forse a mani giunte: a chiedere semplicemente pace.
Pur dotato di una diplomazia tra le più precise al mondo, ha fatto da solo, all'insaputa del mondo suo e nostro.
E così, in sordina, il Papa è sbarcato laddove nessun Papa era ancora riuscito: in terra di Russia.
Due anni dopo aver trattato direttamente con DIO, in piena pandemia, adesso, chiedendo al suo ginocchio di fare sforzi supplementari, va in guerra a trattare con il nemico.
Come, qualche anno fa quando, nell'informalità di Casa Santa Marta, ha riunito i leader capricciosi del Sud Sudan e ha baciato loro i piedi per chiedere loro di fare la pace.
Certe volte somiglia ad un titolare d'azienda che, pur avendo nella sua scuderia validissimi agenti di commercio, va lui direttamente dal produttore per trattare l'acquisto delle materie prime: per essere sicuro del negoziato, delle traiettorie individuate e del rispetto del prezzo pattuito.
E la materia prima, per lui, è anche la prima materia che fa di una terra qualunque un pezzo di terra promessa: è la pace.
E lui la vuol portare a casa a tutti i costi, costi quel che costi, per poi condividerla con tutti i suoi figli, a qualsiasi nazione e fede appartengano.
E' bastata mezz'ora al nostro Pietro-Francesco per dare l'ennesima scossa alla sua Chiesa.
Ecco ancora una volta l'azzardo francescano di andare direttamente nella tana del lupo – Gubbio, Mosca o Kiev non muta la sostanza – per cercare di aprire una trattativa.
Con i lupi, con i sultani: non con i chierichetti già in fila indiana, con turibolo e navicella.
E per fortuna che ha un ginocchio malandato che fa le bizze...
Chissà cosa farebbe se gli funzionassero bene entrambi.
Oppure è proprio perchè è così malandato che i suoi passi, quando li si ode dopo che sono già entrati nei covi pericolosi, aprono sentieri inimmaginabili.
Il nostro Amato PAPA FRANCESCO ha l'irrefrenabile libertà di presentarsi sotto-casa del lupo per offrirsi ostaggio, anche mediatore, pur di vedere il mondo ritornare a Cristo.
E' un figlio della luce che, stavolta, ha la scaltrezza dei figli delle tenebre. È un incrocio: di umano e divino.
E noi?
Preghiamo per lui.
DIO NOSTRO UNICO VERO AMORE BENEDICA E CUSTODISCA PAPA FRANCESCO, UOMO DI DIO IN MEZZO A NOI E ALLE NOSTRE PICCOLE E GRANDI CONTRADDIZIONI E FRAGILITÀ E CI AIUTI A SCEGLIERE COSA VOGLIAMO FARE DA GRANDI. SE FINALMENTE DIVENTARE UOMINI E DONNE DI PACE, O RIMANERE ALTRO.
Così sia.
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